Grazie
al patrimonio del Registro delle imprese delle Camere di commercio, è
possibile quantificare l’effettiva dimensione dell’imprenditoria
femminile dal punto di vista dell’impresa come unità economica:
informazioni utili e più appropriate per la migliore definizione
delle politiche a favore dell’imprenditorialità per questo
specifico segmento produttivo. Tale patrimonio informativo fondato
sui dati di Registro e valorizzato con l’Osservatorio
dell’imprenditoria femminile, pone il nostro Paese
all’avanguardia tra i paesi più avanzati, perché rappresenta una
vera e propria best practice pienamente
riconosciuta a livello internazionale, che consente di disegnare
e sviluppare le politiche sull’imprenditoria femminile con un
maggiore grado di precisione del target di riferimento. Del resto,
l’Italia si è accreditato come paese di lunga tradizione sulle
politiche per l’imprenditorialità femminile a confronto con tanti
altri paesi avanzati.Una impresa su cinque in Italia è femminile.
Secondo gli ultimi dati, nel 2016 le imprese femminili ammontano a 1
milione e 312 mila, corrispondenti al 21,7% del totale
imprenditoriale.
Più
servizi e agricoltura e meno industria: le imprese femminili a
confronto con quelle maschili. Sotto il profilo strettamente
settoriale, le imprese femminili sono maggiormente concentrate nel
settore dei servizi, dove operano circa i due terzi (65,5%; oltre 850
mila) del totale delle imprese “rosa” contro solo poco più della
metà nel caso delle imprese maschili (54,0%), e nel settore primario
(agricoltura, silvicoltura e pesca), in cui si concentra quasi il 17%
delle imprese femminili (circa 220 mila) contro solo poco più
dell’11% di imprese maschili. Se da un lato il ruolo della donna
può contribuire a portare innovazione in un settore più “storico
e tradizionale” come quello agricolo o in molti volti del
terziario, dall’altro lato appare importante aiutare ad
avvicinare il fare impresa femminile al settore industriale, con
particolare riguardo a molti ambiti del manifatturiero più
high-tech, perché significherebbe fare entrare la donna in modalità
imprenditoriali più complesse sì, ma dall’alto tasso di crescita
tecnologica, innovativa e aziendale.
Dimensione
“micro” e conduzione “individuale”: 97 imprese su 100
guidate da donne hanno meno di 10 addetti. Riguardo alla forma
giuridica, il 65% delle imprese femminili sono ditte individuali
contro il 50,9% nel caso di quelle maschili. Nei settori
dell’alimentare, della moda e della lavorazione dei minerali non
metalliferi (vetro, ceramica, ecc.) l’artigianato è più
presente tra le imprese femminili che fra quelle maschili. Nel
settore alimentare il 69,6% delle imprese femminili sono artigiane
(10.200 in termini assoluti) contro il 56,2% nel caso delle imprese
maschili; nella moda sono artigiane il 68,7% delle imprese femminili
(circa 25 mila) contro il 42,5% di quelle maschili; nella lavorazione
dei minerali non metalliferi le imprese artigiane rappresentano il
56,3% (2.400 in termini assoluti) tra le imprese femminili contro il
51,1% tra le imprese maschili. Chiare evidenze di quanto sia
veramente forte il connubio “impresa femminile-artigianato” in
alcuni ambiti del made in Italy.
Ancora,
6 le filiere dell’imprenditoria in rosa che emergono
a partire dai settori più femminili che rappresentano quindi il core
di ciascuna di esse. Primeggia per tasso di femminilizzazione la
filiera “Cultura, sport e benessere”, Seguono poi le altre
filiere: “Moda”, Turismo”, “Assistenza socio sanitaria”,
“Agroalimentare” “Terziario avanzato”.
Le
imprese femminili crescono e più velocemente di quelle maschili:
pesano ancora poco sul tessuto imprenditoriale ma sono in
crescita. Le startup innovative femminili hanno davanti un enorme
potenziale da sfruttare.
La
maggiore parità di genere è quella poi che offre la green
economy. La green economy, intesa come la transizione verso
un’economia sostenibile sotto il profilo ambientale ed efficiente
nell’uso delle risorse naturali, è un fenomeno pervasivo, con
orizzonti ampi e variegati, che racchiude molteplici opportunità per
le imprese, con notevoli ricadute in particolare sulla creazione di
nuovi posti di lavoro. Le assunzioni con preferenza esplicita per le
donne riguardano ben il 75% della domanda di lavoro
Analisi elaborata dalla dott.ssa Marina Gargiulo
Presidente Confartigianato Donna impresa
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